Riflessioni al tempo del Covid-19

Ieri affacciandomi dalla finestra mi ha colpito il silenzio. Si sentiva solo il vento ma nessun rumore di auto o di presenza umana. Siamo in mezzo a un dramma che obbliga alla distanza e al silenzio. Sembra quasi che qualcosa, o qualcuno, si sia stancato di “becere” esternazioni, condite con lustrini, con facce di plastica e ci stia obbligando a riflettere.
Di punto in bianco, abbiamo tempo.

Anche se ad alcuni fa paura, trovo che questa possa essere un’opportunità per ritrovare sè stessi e, paradossalmente, gli altri.
Così di fronte a paura, sciacalli e opportunisti vengono fuori gli estremi della nostra natura di esseri umani.
Malgrado tutto questo, esternazioni artistiche, zuccherose e retoriche da terrazze e piazze, la tv da un segno di miglioramento: si spengono le luci, calano i lustrini, le risse, c’è più riflessione e per una volta pare che le parole sensate abbiano più spazio rispetto alle mere provocazioni.

Dunque mi domando: perchè il livello della tv andava sempre più verso il basso, perché si preferiva far vedere i lati più oscuri e morbosi delle persone?
Il perchè, forse, lo sappiamo: la propaganda di status simbol e di comportamenti borderline, che danno l’opportunità di scandalizzarsi a coloro che li prendono come modello, in un loop infinito, pagano molto bene!

Sono necessari la paura e il caos per frenare o rallentare questa spirale ?Avevamo bisogno di Covid-19 per capire che non siamo padroni bensì ospiti in questo mondo?
E i giovani, quali modelli e quali aspirazioni potranno avere mai se questo è il clima?
Su quale memoria potranno costruire il loro futuro se è necessaria una pandemia per ricordarsi dei nostri anziani, e poi, impotenti, vivere la sofferenza di vederli morire da soli in un letto senza la possibilità di confortarli o essere costretti a scegliere chi, tra un giovane o un anziano, potrà salvarsi in una sala di rianimazione?
Ci affanniamo a rastrellare denaro e lo buttiamo dalla finestra, obbligando i nostri cervelli, per la cui crescita abbiamo tutti pagato, a prendere il volo per poi scoprire, drammaticamente, che ci servivano qua in Italia. E tutto questo sta succedendo proprio a noi italiani, abitanti del Belpaese, detentori del più grande bagaglio artistico, spirituale, culturale e gastronomico del mondo!
In questo periodo in cui migliaia di persone, giovani e meno giovani, si stanno impegnando di fronte a un’emergenza terribile, si vede un’Italia generosa, intelligente e coraggiosa sulla quale però bisogna avere il coraggio di investire.

IL RUOLO DELL’ARTE E IL PROGETTO PER SAN PANCRAZIO.
E’ certo che gli artisti possono dire e fare molto in un quadro del genere, non solo affacciandosi dalle finestre e in strada con le persone: devono ritrovare il ruolo profondo e sostanziale (e che hanno sempre avuto) nell’ambito sociale e riscoprire l’essenza dell’arte che risiede nel suo potere di guarigione e nella naturale capacità di spiritualizzazione, di cui la comunità umana ha ancora bisogno.
In questo quadro, da qualche giorno con una buona dose di follia visto il Covid-19 ma anche tanta speranza per il futuro, D.I.M.A. ha preso in gestione il Centro Interculturale e Museo della Memoria “Don G. Torelli” di San Pancrazio. E lo fa tenendosi per mano con Armonica Onlus, nostra compagna di viaggio dal 2018.
In questo luogo di silenzio, di natura bellissima e incontaminata nella Toscana tra Arezzo, Siena e Firenze, nel 1944 è avvenuta una strage nazifascista orribile. Nella fattoria, luogo dello scempio, accanto al sordo e monotono brusio del dolore, dal 2014 D.I.M.A. e il Comune di Bucine hanno sviluppato un progetto di residenza artistica internazionale, con giovani e docenti provenienti da tutto il mondo. La musica, insieme allo studio e all’energia creativa dei giovani, ha iniziato a irradiarsi negli abitanti e nei muri del paese e San Pancrazio si è trasformato da luogo di dolore a luogo di benessere, gioia di vivere.
E’ il paradosso in cui il senso della vita si esprime e si condivide attraverso l’arte, vince sulla morte valorizzandosi in essa senza annullarla.
Già dal primo anno capimmo che San Pancrazio era stato il primo miracolo che la musica ci aveva regalato in un luogo dove era difficile immaginare potesse avvenire.
Adesso a San Pancrazio, e in luoghi come questo, la paura vera è solo quella di essere dimenticati.
Per questo, la memoria e il linguaggio dell’arte si sposano insieme e grazie a un legame potente si protendono nel futuro, come ricordo e monito per le prossime generazioni.

Giorgio Albiani,
Direttore Artistico – Associazione Culturale e Accademia D.I.M.A. di Arezzo

OGGI
Oggi è il 5 aprile 2020. Domenica delle Palme e inizio della Settimana Santa.
In questa data ricorre l’inizio dell’assedio di Sarajevo durante le guerre nella ex-Jugoslavia, nel 1992; città che pochi giorni fa illuminava con i colori della bandiera italiana la sua Vijećnica, la Biblioteca Nazionale. Monumento simbolo delle culture musulmana – cristiana – ebraica che nel paese hanno convissuto insieme pacificamente per secoli, e’ stata incendiata durante la guerra e, in seguito, restituita al mondo.
E’ anche l’inizio del secondo mese di “distanziamento sociale”, un dramma che dobbiamo trasformare in occasione per mettersi in ascolto, per pensare a un progetto di vita più umano, più fantasioso, più artistico e di qualità, dove conoscenza e dialogo siano basi di un’esistenza meno rumorosa e più felice.

Il nostro omaggio al tempo di Covid-19

https://youtu.be/zV97aLYacpc

Serena Meloni voce
Giorgio Albiani arrangiamenti ed elaborazione, strumenti, registrazione e video
Una produzione D.I.M.A. – Armonica