Della mia dolce Armenia: mostra fotografica di Andrea Ulivi dal 7 al 22 dicembre

Nella Città del Natale sabato 7 dicembre alle 16.30 si inaugura la mostra fotografica di Andrea Ulivi dedicata all’Armenia.
La mostra verrà allestita in occasione dell’evento D.I.M.A. dedicato ai 150 anni dalla nascita di Padre Komitas, musicista, compositore, intellettuale ed etnomusicologo del paese caucasico.
Sarà visitabile nelle giornate di

lunedì – martedì – mercoledì – venerdì:
mattino 10 – 13.00; pomeriggio 15.30 – 18.30
giovedì: chiuso
sabato – domenica:
mattino 10 – 13.00; pomeriggio 14.00 – 17.00

E’ possibile prenotare la visita alla mostra all’indirizzo email info@dimamusicarezzo.com oppure telefonando dalle ore 15 alle ore 19 al numero + 39 3772994923.
La mostra è aperta anche alle scolaresche della Scuola Secondaria di Primo e Secondo grado.
E saranno proprio gli studenti del Liceo Scientifico Statale “F. Redi” di Arezzo in un progetto di alternanza scuola-lavoro, a seguito di un’approfondita formazione, le guide che condurranno i visitatori alla scoperta della mostra fotografica.

La mostra.
Una serie di immagini in bianco e nero, quelle di Andrea Ulivi, che hanno come tema l’Armenia. La mostra comprende circa quaranta fotografie scattate dal 2009 al 2014. Già durante il primo viaggio, che il fotografo ed editore ha compiuto in Armenia nel 2008, è sbocciato un amore incondizionato, permettendo al suo obbiettivo interrogante di indagare quei luoghi e offrirsi all’anima di quel popolo. Essenzialmente sono due i grandi temi toccati: la vita di un popolo antichissimo e i luoghi a questo popolo sacri, i luoghi che hanno costituito la sua identità, la sua armenità, la sua spiritualità che affonda le proprie radici nel 301, quando il re dell’allora Grande Armenia, Tiridate III, convertito da san Gregorio l’Illuminatore, dichiarò il cristianesimo religione di Stato. Nell’altopiano armeno fioriscono isolati edifici di culto e monasteri, che, come pietre preziose, si ergono dall’aridità del suolo, duro, difficile, assolato, inondato da una luce abbagliante che questi monasteri e piccole chiese, spesso di pietra chiara, rilucono e conservano nell’oscurità del loro ventre, intatta, per poi restituirla come luce mistica. L’altro tema è il popolo e la sua identità; gli armeni, con i loro volti gioiosi e tristi, gravi e carichi di senso, un senso millenario, il senso di una genealogia che li ha resi saldi di fronte alle traversie, alla povertà e alle persecuzioni. Molti se ne sono andati formando una delle più importanti diaspore che la storia del mondo ha conosciuto, molti sono rimasti e altri sono tornati in questo nuovo Paese libero e finalmente indipendente. Si vedono bambini, donne, uomini e anziani fieri e consapevoli del loro essere armeni, che neanche il “Grande Male”, il genocidio del 1915, è riuscito a estinguere.

«La fotografia per me è una domanda. Una domanda che genera uno stupore e uno stupore che continuamente genera una domanda. […] L’Armenia mi ha stupito, l’ho vista con fascinazione, me ne sono innamorato: è un rapporto amoroso, assolutamente amoroso. Io amo l’Armenia e fare fotografie a questa terra è un gesto d’amore totale. Non potrei fotografare qualsiasi cosa, non mi riuscirebbe: se non entro in un rapporto reale col soggetto, o l’oggetto, non riesco a fotografare, non riesco fisicamente. Quando dico domanda è perché io domando: “chi sei tu che stai davanti a me, chi sei tu per me tanto da starti davanti?”. Ma anche le cose che fotografo mi pongono domande: nasce così un dialogo, una relazione. Fondamentali per me le parole che Wim Wenders usa all’interno del testo In defense of places, quando spiega il suo essere fotografo di luoghi: «I guess that’s why I take pictures of places:/ I don’t want to take them for granted./ I want to urge them/ not to forget us.» Fotografare i luoghi affinché questi stessi luoghi non ci dimentichino. Non fotografo i luoghi per ricordarli, ma per essere; perché questi luoghi non ci dimentichino, là dove lasciamo le nostre tracce come in un deserto. Soffia il vento. Le dune di sabbia vengono spazzate via. Ma nel profondo le tracce rimangono.»

Andrea Ulivi, (Firenze, 1960) è fotografo, editore e docente. Nel 1998 fonda a Firenze la casa editrice Edizioni della Meridiana. In campo fotografico ha realizzato mostre personali tra cui Zona Tarkovskij, San Miniato. Una porta di speranza, Luce armena, Della mia dolce Armenia, Immagini dal Silenzio, oltre ai volumi Nel bianco giorno, Luce armena, Il verde e la roccia, Eye Flow. Nel 2018 ha pubblicato i libri fotografici Tracce di vita nel silenzio. L’antico carcere delle Murate di Firenze con Marcello Fara (Quarup) e La speranza è la certezza con i testi poetici di Lorenzo Bertolani (CartaCanta).
Ha esposto le sue opere in Italia, Armenia, Europa, Stati Uniti. È curatore per l’Italia degli scritti del regista Andrej Tarkovskij. È fotografo di scena per la Compagnia Versiliadanza e per il Teatro Cantiere Florida di Firenze. È membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Vittorio e Piero Alinari. Cura con Andrej A. Tarkovskij l’Istituto Internazionale Andrej Tarkovskij. Insegna presso la Scuola di Editoria di Firenze. Vive e lavora a Firenze.